L’ambito di operatività oggettiva della normativa è contenuto nell’art. 5 (responsabilità dell’ente) che recita: “(comma primo) L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). (comma secondo) L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”.
La normativa si applica a tutti gli enti, siano essi associazioni, società, fondazioni etc., che abbiano o meno personalità giuridica.
La normativa stabilisce che qualora uno di questi enti si trovi coinvolto in uno dei reati previsti dalla stessa normativa (denominati “reati presupposto”) commessi da un amministratore/dirigente/funzionario/dipendente/collaboratore esterno (e comunque da un soggetto che abbia agito in nome e per conto) e da cui abbia tratto un vantaggio o comunque un interesse, diretto e/o indiretto, anche l’ente sarà soggetto a sanzioni.
Tutte queste responsabilità e conseguenze possono però essere evitate se l’ente ha adottato un modello di organizzazione e gestione (MOG) idoneo a prevenire i reati (codificando le proprie procedure interne ed individuando quelle con maggiori margini di criticità e quindi con più altro rischio di commissione reati) e si è dotato di un Organo di Vigilanza (OdV) che ha il compito di vigilare sull’osservanza del MOG.
Dotarsi di tali strumenti consente all’ente coinvolto in un processo a causa del comportamento di un proprio collaboratore di essere assolto e quindi non subire la condanna ad una delle sanzioni previste.
La Corte di Cassazione, con una sentenza del 2010 ha stabilito che il decreto 231/2001 si applica anche alle società partecipate nonché alle stesse società a totale capitale pubblico che svolgono attività economica.
Il problema è quindi attuale anche per le società pubbliche, siano esse SpA o Srl, in quanto entrambe comprese nell’ambito soggettivo della norma, e diviene rilevante anche per tutte le società che hanno rapporti contrattuali (o intendono averne) con le società pubbliche: da qualche tempo alcune di esse (esempio ENEL) non affidano più appalti a società che non si siano adeguate al decreto 231/2001.