01.04.2016
La Corte di
Cassazione, con recente sentenza n. 5720 del 23 marzo 2016, ha finalmente
chiarito in modo inequivocabile la portata dell’art. 90, comma 8°, della legge 27.12.2002,
n. 289, in tema di erogazioni liberali a favore di associazioni/società
sportive dilettantistiche, affermando che i contributi in danaro a loro favore
sono interamente deducibili in quanto costituenti spese di pubblicità, e non di
sponsorizzazione, come del resto stabilito dalla norma.
La S.C. in
motivazione osserva che: “in generale, ai sensi dell’art. 108 del TUIR,
costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad
accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le
possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di
propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti,
prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti,
marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta. Pertanto, di norma, le spese
di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei
limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all’attività
sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale
(Cass. n. 3433 del 2012; conf. n. 10914 del 2015 e n. 27482 del 2014). Dunque,
di solito, laddove non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella
posta in essere dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate
di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma devono ritenersi spese
di rappresentanza soggette ai limiti previsti dall’art. 108 del TUIR e dalle
disposizioni secondarie attuative (es. ora quelle del D.M. 19 novembre 2008).
Per la dottrina, invece, una peculiare esimente alla normativa ed alla
giurisprudenza sin qui esaminata è prevista dagli enunciati dell’art. 90, comma
8, della legge finanziaria 2003 laddove il corrispettivo in denaro o in natura
in favore di compagini sportive dilettantistiche costituisce, per il soggetto
erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a
duecentomila euro, spesa di pubblicità volta alla promozione dell’immagine o
dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del
beneficiario, ai sensi dell’art. 108, comma 2, del TUIR (già art. 74)”.
Ciò premesso,
la Corte, aderendo all’orientamento dottrinario, chiarisce che tali elargizioni
devono a tutti gli effetti considerarsi quali spese di pubblicità e, pertanto,
la loro deducibilità prescinde da un eventuale ritorno in termini economici da
parte del soggetto erogante.
Appare chiaro
che la conseguenza di tale statuizione consiste nel fatto che la sussistenza o
meno di un effettivo vantaggio del soggetto erogante non potrà più essere in
alcun modo oggetto di indagine da parte dell’Amministrazione Finanziaria ai
fini del riconoscimento della deducibilità della spesa.
Per essere
deducibili, è sufficiente che tali somme siano corrisposte per la realizzazione
di iniziative finalizzate alla promozione di prodotti o servizi offerti
dall’azienda erogante, o anche ai fini della mera pubblicizzazione del marchio
e/o dell’attività svolta.
Ai fini della
deducibilità è dunque necessario e sufficiente che ricorrano i seguenti
presupposti:
1) che le somme
erogate siano finalizzate alla promozione dell’azienda erogante (beni, servizi,
marchi, attività e comunque immagine);
2) che il
soggetto percipiente rientri nell’ambito delle “società, associazioni sportive
dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di
associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili
riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione
sportiva” (art. 90, comma 8, della legge 289/2002);
3) che la somma
erogata rientri nei limiti di legge (200.000 euro) e sia ovviamente
proporzionata alle concrete circostanze;
4) che la
ssd/asd percipiente utilizzi dette somme (almeno prevalentemente) per la
realizzazione di iniziative intese alla effettiva promozione di
marchio/beni/servizi/immagine dell’azienda erogante;
5) che la ssd/asd percipiente sia riconosciuta da una Federazione Sportiva nazionale o da un Ente di Promozione Sportiva.
Avv. Giovanni
Lauricella